La Civiltà & la Diversità| Moment Research & Consultancy

La Civiltà & la Diversità

1. Civiltà è una parola spesso confusa con il progresso scientifico e tecnologico oppure intesa storicamente come patrimonio culturale di un popolo. Per lo scopo e i limiti di questa breve nota si intende per civiltà l’arte di convivere: in famiglia, nel condominio, in città, nell’interno di uno stato, tra i popoli.
Diversità è l’altra parola-chiave di questa nota e riflette una realtà innegabile. Siamo tutti diversi per sesso, età, lingua, pelle, cultura, religione. Del resto se fossimo tutti uguali vivere sarebbe una grande noia. L’accettazione di questa realtà è il primo gradino della civiltà, la prima condizione per vivere in pace. Il rifiuto è premessa e causa dei conflitti.
Questa diversità può essere dunque intesa come pericolo, per egoismo, ignoranza, difetto di maturità,. Non si vuol nemmeno conoscere l’altro, diverso da noi, e il difetto di conoscenza dell’altro nella sua realtà porta alla generalizzazione, al disprezzo, all’odio. Tutti coloro che appartengono ad una certa categoria sono esseri inferiori e nocivi, un ostacolo sulla via del progresso. Di qui l’intenzione di ridurli all’impotenza o addirittura sopprimerli. Questo è il razzismo, una delle idiozie più sanguinose espresse dall’uomo in ogni tempo. Solo persone di nessuna maturità psichica possono professare un’idea così aberrante, che pure ha più volte segnato tragicamente la storia.

Le ideologie che hanno avvelenato e seminato di stragi questo secolo hanno rafforzato una visione schematica e irreale dell’umanità, che comporta il rifiuto della diversità e la legittimazione della violenza per conquistare e mantenere il potere.
Malgrado le contrastanti finalità e le varie formazioni sociali esaltate ed assunte come valore assoluto dalle ideologie (nazione, razza, classe) identico è il metodo della prepotenza, presentato come valore quasi mistico, come la più moderna e valida scoperta del pensiero umano.
Gli ideologi hanno viceversa ignorato la vera, sola invenzione della politica moderna,: il rispetto e la tutela dell’opinione diversa, cioè la democrazia liberale.

2. Questo millennio si chiude con un bilancio luttuoso di guerre di ogni genere, che hanno toccato il vertice in quest’ultimo secolo con due guerre mondiali e l’uccisione di milioni di esseri umani da
parte delle dittature. Senonché negli ultimi anni, al tramonto del millennio, pur continuando a imperversare i conflitti in varie parti del mondo, si sono incredibilmente verificati alcuni fatti che hanno rivoluzionato la vita dell’umanità, offrendo prospettive di pace che mai prima il mondo aveva conosciuto.
Sono fatti che rendono molto più agevole comprendere la diversità. Anzitutto il crollo delle ideologie, anche se hanno lasciato in circolo il virus della violenza e della discriminazione; e poi la diffusione della democrazia, con l’accettazione della diversità di opinione. Questa straordinaria conquista della civiltà consiste in un radicale mutamento di atteggiamento verso coloro che la pensano diversamente da chi detiene il potere . Da sempre , ovunque e tuttora nei paesi dominati da dittatori, i dissenzienti sono stati considerati una minaccia e perciò imprigionati, uccisi, esiliati. Si è scoperto invece quanto il dissenso giovi a tutti. Nei paesi di democrazia liberale non si tagliano più le teste, si contano. Il dissenso è cioè divenuto garanzia di critica del potere, alternativa di ricambio. I frutti sono: la pace all’interno e con gli altri stati, il ricambio incruento dei governi, lo sviluppo della libertà, della cultura, del mercato.
Il miglior riconoscimento della validità del metodo democratico liberale consiste nel progressivo e crescente passaggio pacifico dalle dittature alla democrazia: Spagna, Portogallo, Grecia, America Latina e tutti gli stati dell’Europa centro-orientale.
Lo sviluppo vertiginoso nella velocità delle comunicazioni e delle informazioni ha allargato oltre i confini degli stati le dimensioni di problemi fondamentali che hanno assunto portata planetaria e che i singoli stati ormai possono risolvere solo con la collaborazione e con istituzioni internazionali. Basti pensare alla pace, l’ecologia, i mercati valutari, la criminalità organizzata, ecc.
Questo ha accelerato la crisi dello stato nazionale, destinato a perdere sempre più sovranità, in alto verso aggregazioni comunitarie e in basso a favore di forti autonomie o di forme federali. Nello stesso tempo sta perdendo gradualmente importanza il territorio, dal punto di vista militare, con l’avvento dei missili e, dal punto di vista economico, rispetto allo scambio di informazioni, capitali, manodopera.
Un fenomeno nuovo per la storia è poi il crescente dialogo fra le religioni, malgrado il persistente fanatismo di frange integraliste.
Altra novità assoluta della nostra epoca è la scoperta della non-violenza come strumento di lotta politica vincente. Non si tratta di un’utopia astratta di pochi sognatori, ma di un metodo rivoluzionario ormai collaudato in vari continenti. Gandhi- il suo inventore- è riuscito a sconfiggere l’impero britannico. Martin Luther King con lo stesso metodo ha guidato la più grande rivoluzione sociale dei nostri tempi, quella della gente di colore americana. La resistenza pacifica polacca, durata ben 8 anni, grazie anche all’autorità del Papa, è stata determinante per il crollo non violento dell’impero sovietico.
Queste vicende hanno radicalmente mutato il corso della storia e il rapporto tra la pace e la guerra, che oggi si presenta in un modo completamente diverso da come lo hanno vissuto tutte le generazioni precedenti.
A tali fatti occorre aggiungere le nuove istituzioni create negli ultimi decenni e che vedono popoli di ogni continente associarsi per vincere l’impresa finora impossibile della pace. Sono organismi ancora imperfetti, talora invecchiati e mal funzionanti, però esprimono un’ aspirazione umana diventata ormai universale e danno una speranza nuova alla fine di questo secolo, che vede per la prima volta gli uomini impegnati nel nuovo e difficile mestiere della pace, che richiede più fantasia e coraggio che non il vecchio, tragico, stupido gioco della guerra.
Infine, ma certo non è il fatto meno importante, l’invenzione delle armi di distruzione di massa ha fatto vivere per anni il mondo nel terrore di un conflitto nucleare tra le maggiori potenze e tuttora, dato il proliferare di tali armi, anche un piccolo conflitto gestito da un dittatore senza scrupoli può diventare la miccia di una guerra atomica. Perciò non ci si può più permettere la guerra senza rischiare la distruzione dell’umanità.

3. Alla luce di questi fatti straordinari mai vissuti dall’uomo, l’atteggiamento negativo nei confronti della diversità è diventato insostenibile. Essendo ormai superati o indeboliti alcuni dei principali fattori della guerra (il territorio, lo stato sovrano), la considerazione della diversità come un pericolo rimane ormai il principale motivo per alimentare i conflitti e spingere persone disperate ed immature alla violenza armata. Ciò consente ai padroni assoluti del potere di incitare all’odio e alla guerra. Questo è dimostrato dalla cronaca degli ultimi anni.
E’ tempo allora di spiegare in modo chiaro e breve ai ragazzi di oggi che il livello di civiltà si misura in base al grado di comprensione della diversità. Il primo passo –come si diceva al principio- è accettare realisticamente la diversità come dato essenziale e caratteristico dell’umanità. Il secondo è capirsi. L’ostacolo principale può essere la lingua, ma a volte anche il rifiuto del dialogo per atavici pregiudizi.
Quando ci si comincia a capire si apre una scala ascendente che va dalla comprensione al confronto, la competizione, la collaborazione. Tutti termini preferibili a quello spesso usato di tolleranza, che racchiude ancora un significato negativo e superbo.
Lo stadio ultimo e più elevato è l’apprezzamento degli aspetti positivi diversi, come stimoli per ampliare la propria visuale e rinnovarsi. Gli altri ci possono insegnare quel che abbiamo dimenticato o mai imparato. Nel confronto si può trovare quel punto di equilibrio, quella visione nuova della realtà, che ci consente di affrontare con maggiore apertura e lungimiranza i grandi e nuovi problemi che la realtà mondiale ci propone con un’evoluzione rapida e incalzante. Di qui un reciproco arricchimento che trova ripetute conferme nella storia. I momenti più alti della civiltà sono stati frutto del confronto aperto e pacifico tra culture diverse. Questo ha consentito prodigiosi progressi in ogni campo, dall’arte alla filosofia, dalla ricerca scientifica all’economia.
Esempio caratteristico di convivenza pacifica all’interno di una nazione è lo stato democratico, che nella libertà garantisce la pace ai cittadini. Esempi di convivenza pacifica fra popoli diversi sono la Svizzera, gli USA e l’Unione Europea. Quest’ultimo esempio, ormai consolidato da mezzo secolo, è forse il più sbalorditivo. Popoli che per secoli si sono sanguinosamente battuti per i motivi più diversi, ormai hanno stabilito tra loro una rete così fitta di rapporti economici, culturali, giuridici e politici, che l’ipotesi di un conflitto armato tra gli stati membri è diventata fantapolitica. Non solo, ma l’effetto benefico e pacificatore si può già vedere nei paesi che affollano l’anticamera dell’Unione Europea.

Per concludere:

1. La diversità è una realtà umana ineliminabile che può diventare fonte di arricchimento reciproco.

2. Nei suoi confronti si può avere invece un atteggiamento negativo, discriminatorio, che è causa di conflitti. Tale atteggiamento negativo non è di solito connaturale alla gente e può anche a volte essere assunto in buona fede. La discriminazione è alimentata dalla propaganda e strumentalizzata dagli uomini al potere, specialmente dai dittatori.

3. La difficile impresa della pace si vince anzitutto sul piano delle idee e dell’educazione. Le nuove generazioni devono perciò essere educate ad un atteggiamento positivo nei confronti della diversità, per resistere alle pressioni negative e diventare operatori di pace.

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La Civiltà & la Diversità| Moment Research & Consultancy | L’emergenza immigrazione è un fenomeno complesso cui si può rispondere solo con una risposta necessariamente complessa, ma usando gli strumenti della politica, del diritto internazionale, della diplomazia e della collaborazione internazionale delle forze di pace. Si tratta di scongiurare, una volta per sempre, la scorciatoia dell’intervento bellico che – lo dobbiamo ripetere – porterà solo altre distruzioni e altre violenze.
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